Ricevo da Alberto C. questo gradito commento relativo al mio libro e pubblico con piacere…
Sono amante della natura e dell’arte: entrambe forniscono “linfa” al nostro spirito e ci accompagnano con
la loro bellezza nella nostra esistenza aiutandoci a superare, o almeno ad addolcire, quanto invece di meno
bello ci circonda.
Molti pensano che la natura e l’arte non abbiano bisogno di essere capite, che basti usare i nostri sensi
(tutti quanti…) per coglierne ed apprezzarne l’essenza: in parte è vero, ma solo in parte…
Altrimenti a che servirebbero i sommelier che ci aiutano a “leggere” un calice di vino, a coglierne i
sentori di violetta o di agrumi o di liquirizia; l’arte dei sommelier appunto…e dopo averli ascoltati
diciamo: “Beh, effettivamente è vero! Prima non lo avevo capito..”
Appunto! La natura e l’arte possono essere meglio capite ed ancor più apprezzate attraverso la
conoscenza; tutte le volte che sento la necessità di approfondire un argomento (sia sulla natura sia
sull’arte) mi accorgo di quanto poco conosco (e dire che me occupo da tempo), e più studio e più mi
spavento della mia ignoranza…
Ma mi spavento ancor più quando, involontariamente o non, ascolto i commenti di visitatori di una mostra
d’arte o di un giardino botanico! Quando (tutto vero), alla Pinacoteca di Brera, di fronte al “Cristo morto”
di Andrea Mantegna sento dire “ma non poteva prendere un quadro più grande e farlo meno
schiacciato…” o quando nella Reggia di Caserta, di fronte ad un antichissimo globo (mappamondo) sento
dire “ ma accà ce tenevano i liquori ?…” o quando sento disquisire sulla tipologia di cornice, non so se
ridere o piangere… In campo botanico poi quando pare che tutte le conifere siano pini (probabilmente il
larice è un pino affetto da alopecia invernale…e il cedrus deodara pendula è un pino un po’…ingobbito, per
non dire disgraziato…), vorrei sapere quanti distinguono un cirmolo da un pino uncinato!
Questa lunga (e forse prolissa) argomentazione per dire che mi sono seduto tranquillamente in poltrona ed
ho attentamente (sottolineo attentamente) letto, da cima a fondo, “Alberi ed arbusti dei nostri boschi” di
Daniela Guido per coglierne l’essenza…
Tecnicamente è un bel quadernone, che richiama un bel “sussidiario” scolastico (ne esistono ancora o si
studia sul tablet anche all’asilo infantile? ).
Il carattere corsivo, i testi concisi ed esaustivi, le “Curiosità” invogliano alla lettura…
Che dire poi dei disegni dove l’apparente semplicità racchiude una capacità di sintesi e di
esemplificazione utili per il riconoscimento…sul campo.
Infatti uno dei primi pensieri provocati dalla lettura è stato di riscontrare e riconoscere dal vero le diverse
piante ed arbusti.
Per certi versi Daniela mi ha reso giustizia! Ne spiego la ragione.
Quando passeggio in compagnia di amici mi piace citare le mie (modeste) conoscenze in tema di piante,
ad esempio le proprietà del salice bianco dalla cui corteccia si estrae la salicina, farmaco antipiretico ed
antidolorifico già noto ai Sumeri, agli Assiri ed agli Egizi (oggi lo acquistiamo in farmacia e si chiama
Aspirina). I miei amici, forse un po’ annoiati, continuano a dire che quello che so lo racconto e quello che
non so …lo invento!
Adesso non sarà più così, a pagina 41 il concetto è sancito… come in un libro stampato direbbe qualcuno!
Ma poco importa che Daniela abbia reso giustizia al sottoscritto; ha fatto ben di più! Ha fornito uno
strumento che appassiona innanzi tutto i bambini, curiosi per natura ma che oggi debbono essere
sollecitati a coltivare il loro desiderio di apprendimento nel modo più naturale possibile e senza troppi
“bombardamenti” mediatici.
Ho ancora vivo il ricordo di quando alle elementari di Cossila San Grato dovetti preparare l’Erbario… con
tutte le foglie messe ad essiccare in un voluminoso dizionario tra i fogli di carta assorbente…
Ma lo stesso strumento deve aiutare gli adulti a completare le proprie conoscenze e magari ad incuriosirli
ad approfondire…
Un bel lavoro, niente da dire, anzi no: Grazie Signora Maestra!