Che sorpresa trovare le mazze di tamburo proprio dietro casa, dove non sospettavo che crescessero! E’ uno dei pochi funghi mangerecci che riesco a trovare. Del resto sono così visibili, col loro grande cappello e il lungo gambo che, per quanto cerchino di confondersi tra l’erba proprio non ci riescono.
Si individuano facilmente osservando il grande cappello chiaro che deve avere delle scaglie più scure che partono dal centro e sono più rade o quasi assenti verso il bordo, come si vede bene dalla foto; sotto, ci sono fitte lamelle bianche. Il gambo, sottile, diritto e lungo, ha l’anello.
Il nome comune deriva dalla somiglianza con la mazza da tamburo appunto, quando il cappello è ancora chiuso; a maturazione si apre. Il nome scientifico è “Macrolepiota procera” .
E’ meglio non consumare il fungo crudo, può essere leggermente tossico; personalmente, lo preparo così: friggo in abbondante olio solo le cappelle, quelle ben aperte, dopo averle passate nell’uovo sbattuto e nel pane grattugiato; le asciugo nella carta assorbente e le cospargo con prezzemolo fresco tritato. Sono una prelibatezza! Per precauzione però ne consumo poche, non si sa mai!
Questa volta sapevo di non aver tempo per cucinarle e mi sono limitata ad osservarle. Passerà qualcuno dopo di me e forse le raccoglierà; o forse avranno la fortuna di completare il loro ciclo vitale e di lasciar cadere le loro spore per far nascere nuovi esemplari l’anno nuovo!