Chi vive tra la collina e la montagna sa che fino a qualche decennio fa la vita dei contadini era strettamente legata al castagno, chiamato “Arbo”, l’Albero per eccellenza. Tutte le sue parti venivano utilizzate: le castagne che fornivano cibo per tutto l’inverno, le foglie che offrivano comodi giacigli, i ricci che bruciavano nelle stufe e, infine, il legno.
Ora tutto questo non è più indispensabile, ma quando viene l’autunno antichi ricordi si risvegliano. Basta fare una passeggiata nei boschi e si è subito attratti dai ricci caduti per terra. Impossibile resistere alla tentazione di raccogliere le castagne! Sono così belle, marroni, lucide, col loro ciuffettino…
Di solito se ne formano tre in ogni riccio, iperprotette dalle spine. La posizione in cui erano nel riccio si indovina dalla forma: piatte da un lato e curve dall’altro le due esterne, piatte da entrambi i lati, ma ugualmente spesse, quelle centrali.
Il riccio è una difesa perfetta, ricco com’è di spine resistenti che pungono in ogni direzione; ma l’interno è di morbido velluto per proteggere i preziosi semi ( il vero frutto è proprio il riccio, le castagne sono i semi da cui si possono sviluppare nuove piante)
La raccolta delle castagne è dunque ancora molto diffusa, anche perché si usa fare le “castagnate”, feste organizzate in genere da associazioni benefiche per la raccolta di fondi, dalle scuole, dai centri di aggregazione. Da metà ottobre si rispolverano le tipiche padelle con i buchi o i vecchi cestelli delle lavatrici rotte, opportunamente fissati su supporti. Sono soprattutto i nonni che si affaccendano, saggi della loro esperienza.
Le castagne vanno incise per evitare che scoppino durante la cottura e devono essere continuamente mosse perché non si brucino ma cuociano in modo uniforme. Quando sono pronte vengono sbucciate, meglio se sono ancora calde. Da non dimenticare l’accortezza di inserire nel cestello durante la cottura qualche piccolo sasso che aiuti a staccare le bucce. Ed eccole infine pronte, da mangiare ancora fumanti, col rischio di scottarsi le dita. E’ possibile prepararle anche nel forno di casa, sempre dopo averle incise. Basta circa un quarto d’ora e sono pronte, buonissime anche se manca un po’ il tipico sentore di fumo.
Col tempo e la disponibilità sono nate diverse ricette che utilizzano le caldarroste. Ad esempio, le migliori, sane e non bruciacchiate, vengono messe nei barattoli di vetro con zucchero e grappa o brandy: ottime da gustare nelle serate invernali. Oppure vengono fatte saltare in una padella con zucchero e succo e scorzette d’arancia finché si caramellano: ecco un ottimo dessert.
Ma anche ad esser pigri o nell’impossibilità di prepararle, basta andare nelle sere d’inverno nei nostri centri cittadini ed è facile trovare, all’angolo di una strada, il caldarrostaio dal quale ne possiamo acquistare un cartoccio. L’odore di fumo misto al profumo delle castagne cotte, una leggera nebbiolina intorno e le foglie secche sul selciato bastano a riportarci indietro nel tempo, forse con un po’ di nostalgia.