La mostra “Il mondo fluttuante di Toulouse-Lautrec”, prosegue nel Palazzo Reale di Milano fino al 17 febbraio 2018. Racconta in modo approfondito, con oltre 200 immagini provenienti dai musei di tutto il mondo, il percorso artistico del grande maestro francese.
Si apre con una carrellata di fotografie che lui stesso si faceva scattare, cogliendo il grande impatto visivo che questo linguaggio innovativo per l’epoca permetteva. Ne emerge l’immagine di un personaggio singolare, viste le pose decisamente anticonformiste nelle quali si faceva ritrarre e i costumi che indossava, quasi a voler dare di sé un’immagine diversa da quella che probabilmente non accettava del tutto. Discendeva da una famiglia nobile ed era figlio di cugini (all’epoca i matrimoni tra consanguinei erano frequenti, soprattutto se c’era un patrimonio e un casato da difendere), e forse per questo fu affetto da una malattia delle ossa che in seguito alla frattura di entrambi i femori gli impedì una regolare crescita.
I genitori si separarono quand’era ancora piccolo e visse soprattutto con la madre, poi scelse di abbandonare quello stile di vita e di trasferirsi nel quartiere di Montmartre; la parte alta della collina era a quei tempi isolata, non servita dai tram, e vi vivevano poveracci e prostitute; nella parte bassa proliferavano cabaret, caffè- concerto, trattorie, sale da ballo.
Henri era un personaggio eccentrico, dissoluto, amante della bella vita eppure tormentato, aperto alle novità, esperto di arte giapponese.
Seppe rappresentare il mondo vivace e contraddittorio della Parigi dell’epoca, con le ballerine in voga in quegli anni, che conosceva bene in quanto era frequentatore assiduo dei locali in voga, così come le prostitute. In quegli anni le case chiuse godevano di grande notorietà, e lui frequentò in modo abituale quegli ambienti dove trovava compagnia e rifugio. Seppe rappresentare le cortigiane in modo umano, anche nei loro momenti privati, quando si lavavano i capelli, si pettinavano, si vestivano, si rilassavano.
Dalle sue opere emergono storie di persone che altrimenti si sarebbero perse, tanto la loro fama era effimera. Vedi ad esempio Louise “La Goulue”, che inventò il can-can, o Loie Fuller, che inventò la danza detta “serpentina”.
Ma il suo merito artistico fu quello di aver inventato il manifesto pubblicitario con una eccezionale modernità. Le sue figure sono delineate con poche linee e colori essenziali, adatte ad essere notate da lontano con un solo colpo d’occhio. Alle immagini venivano aggiunte nei manifesti poche parole efficaci. Pubblicizzò i più noti locali, i personaggi, gli spettacoli. Egli rinunciò ad ogni rappresentazione naturalistica, alla prospettiva, al chiaroscuro in quanto non sarebbero stati necessari ad attirare lo sguardo distratto del cittadino.